Sabato scorso a Novi Ligure si è discusso del rapporto tra Girardengo, Guerra e Binda insieme a Claudio Gregori. Un confronto tra giganti. Qui di seguito il parere di Carlo Delfino.
Guerra, nel nome di Girardengo, vendicatore di Binda.
Il tricolore con lo scudo Sabaudo ha vestito Girardengo per anni e anni a partire da quel 1913 quando appena ventenne, nell’alessandrino si impose a sorpresa nel Campionato Nazionale dopo aver disertato deliberatamente dal proprio reggimento. Nei successivi dieci anni ha dominato in lungo e in largo tanto da venir nominato IL CAMPIONISSIMO o L’ATLETA CHE NON HA CONFRONTI.
Nel 1923 c’è stata la prima scaramuccia con un giovanissimo Binda che corre per La Francaise in Costa Azzurra. I due si trovano, in un consesso di alto profilo internazionale alla Nizza-Mont Chauve e, tra la sorpresa generale, in un durissimo arrivo in salita si impone l’uomo di Cittiglio. Bisogna però aspettare il 1924 per avere il primo scontro in una corsa importante: il Giro di Lombardia. In questa occasione però la lotta diretta è più con l’astuto e fortissimo Brunero che si invola lasciando a Girardengo, Linari e Binda la consolazione di contendersi le piazze d’onore. Nel 1925 Pavesi mette sotto contratto Binda. Per il Giro d’Italia, la Legnano allestisce due squadre: la casa madre con Brunero, Binda e Linari e la Wolsit con Girardengo, Belloni e Bestetti. Binda parte come gregario, in appoggio a Brunero, il quale però in seguito a una foratura nella terza tappa perde 4’ 21”. L’Avvocat decide di passare i gradi di capitano ad Alfredo e il duello diventa tra Girardengo e Binda.
L’equilibrio si spezza nella quinta tappa, dove Costante fora a 30 km dal traguardo di Napoli e perde 5’ 32”.
Binda vincerà il suo primo Giro. Ne seguiranno altri 4 vittoriosi e nel 1930, come sappiamo, sarà addirittura pagato per non correrlo. In questi 5 anni gli italiani assistettero a grandi battaglie perché l’omino di Novi non si dava ancora vinto; ma l’ago della bilancia relativamente alle vittorie, soprattutto nelle corse a tappe, si spostò decisamente a favore di Binda. Ovvio che un certo qual malumore abbia covato nell’animo di Girardengo che si vedeva scippato del primariato del pedale ma purtroppo dovette mettere in conto la realtà del tempo inesorabile che trascorre. C’era soltanto da aspettare il momento giusto per far scattare la vendetta, un piatto che notoriamente va mangiato freddo.
Intanto nella bassa mantovana si metteva in luce un atletico ragazzo classe 1902 che aveva giocato a calcio, faceva il muratore e ormai ventitreenne comincia a pedalare come per gioco. Nel 1927 comincia ad ottenere qualche risultato ma è l’anno successivo che diventa quasi imbattibile tra i dilettanti e gli indipendenti grazie anche alla sua potenza sul passo e grazie anche a una volata lunga che non lasciava scampo. Nel 1929 partecipa senza assistenza alcuna alla Milano-Sanremo dominata da Binda e si piazza 17° a 35 minuti, però è il primo tra chi monta la macchina Maino affidatagli dal concessionario di zona.
Girardengo intanto, coinvolto anche finanziariamente con la casa alessandrina, fa il direttore sportivo per i “grigi” e in diverse occasioni nota quel passista. Quando ha bisogno di una mano o qualche trenata per i suoi uomini gli allunga di volta in volta qualche biglietto da 100. Nel ’29 al Giro degli oltre 150 partenti arriva 24°. La Maino conta su Negrini ma l’uomo di Molare non ha certo la classe di Binda. Guerra, a luglio, in quel di Carpi, vince il Campionato nazionale di mezzofondo sui 50 chilometri e il “Gira” lo invita in albergo a parlare. Come arriva, il portiere lo ferma. “Chi sei?” Guerra si presenta ma il portiere chiede a Cavanna se può passare. Cavanna fa cenno di si e gli dice che è un raccomandato dal Campionissimo in persona. Quando Learco arriva al suo cospetto il “Gran Capo” gli chiede come mai è gli sia venuta l’idea di correre a Carpi: “Mi sapevo un buon passista e anche lei lo sa perché mi ha già visto correre…”. In breve, due giorni dopo a Alessandria, firmava a 27 anni il suo primo contratto da professionista; 600 lire al mese.
Il “Gira” ha buon fiuto infatti, qualche giorno dopo, nel Circuito dei Campi Flegrei, valido come prova per il titolo Nazionale, Guerra insidiava addirittura la supremazia del varesino che doveva faticare più del previsto per prevalere. Binda conquista sì la maglia tricolore ma non sa ancora che sarà l’ultima sua.
Arriva il 1930 e Girardengo si allena come fosse un ragazzo e a 37 anni si rimette in gioco. Perché? Scarsi risultati dei suoi ragazzi? La passione che albergava sopita sotto la polvere del tempo? Forse l’intento promozionale verso la casa di Alessandria di cui aveva acquistato una partecipazione? Io credo anche che abbia voluto seguire in corsa il mantovano evitandogli di commettere errori. Quando alla Milano Sanremo i liguri vedono passare il novese tra i primi gli tributano infinite manifestazioni di affetto. Però a Sanremo, in una volata a ranghi ristretti, si impone il velocista Mara. Il “Gira” arriverà 5°. Un risultato formidabile per uno in età pensionabile. Guerra arriverà 7°. Come vediamo non tardano a farsi sentire gli insegnamenti di cui il “Gira” è prodigo nei confronti del suo pupillo sempre più investito del ruolo di “vendicatore”. A conferma di ciò durante un ritiro con la squadra a Varazze arriva un giornalista appositamente per fotografare il “nuovo” Learco Guerra. Lui si schernisce: “Ma a chi volete che interessi la mia foto? Non sono Binda e neppure Girardengo”. Il giornalista elegantemente gli risponde che Napoleone sosteneva che ogni suo soldato portasse nello zaino il bastone da maresciallo : “Domani lei potrebbe diventare un asso. Girardengo parla molto bene di lei…”.
Per il Giro, sempre 1930, il mecenate Vincenzo Florio ospita la partenza dalla Sicilia. Guerra, sempre in prima linea, si aggiudica due tappe e, forse un po’ carente quando la strada sale, arriva 9° a Milano nella classifica generale dominata da Luigi Marchisio. Dopo qualche giorno viene chiesto a Girardengo di mandare a Parigi una coppia italiana per vivacizzare una TRE ORE al Vel d’Hiv. Ci va Guerra con Gaioni. Dopo aver fatto faville, Learco viene indicato da Patron Desgrange come gradito corridore per entrare a far parte della nazionale italiana al Tour visto che veniva introdotta la formula per squadre nazionali.
Dopo il secondo posto al Tour e la seconda vittoria di Binda ai Mondiali ormai l’Italia si schiera in due fazioni: i bindiani da una parte, dall’altra gli ex tifosi di Girardengo che si identificano ormai con l’astro nascente che dovrà vendicare l’inevitabile declino del Campionissimo. C’era ancora in ballo la maglia tricolore e la Maino, naturalmente con la regia del novese porta Guerra alla vittoria nella Predappio-Roma.
L’ultima decisiva prova è la Coppa Caivano con tanta di quella salita da far venire la nausea. A 70 chilometri dal traguardo è in testa Mara mentre dietro inseguono Binda, Giacobbe, Rinaldi e Guerra. Siccome Guerra è in testa di un punto, su consiglio dell’astuto Girardengo, lascia tutto il peso dell’inseguimento al varesino che, conscio di essere messo in trappola, abbandona, irritato, la competizione. A questo punto Girardengo stesso striglia i suoi: “Allez che andiamo a vincere questa corsa!” In pochi chilometri Mara è ripreso e Guerra trionfa tra l’entusiasmo dei napoletani che lo amano alla follia. Ed ecco consumata la vendetta e il povero soldato semplice di qualche mese prima si trasforma in grande maresciallo fasciato di tricolore, tricolore sfilato al grandissimo Binda, il più fenomenale dei corridori esistenti, il routier più temuto e rispettato che sembrava vincesse per grazia di Dio e senza sforzo apparente… Nel 1931 Learco Guerra gli scippa anche la maglia iridata.
Certo che il Campionissimo ha avuto buon naso nello scoprire le grandissime possibilità del mantovano.
Non è stato certamente solo il Gira a creare Guerra, ma sono convinto che i suoi consigli e la sua cura nel creargli intorno una Maino asservita e fedele, abbiano contribuito moltissimo. Anche in seguito, negli anni “30, è stato del mantovano consigliere e sapiente direttore sportivo. I tifosi dell’uno si sono riversati sull’altro quasi completamente. Essi non hanno mai perdonato a Binda di aver detronizzato e infranto un idolo quale era il novese. E anche lo stesso Girardengo è diventato tifoso di Guerra dopo esserne stato “zio” e mandante di vendetta.
Carlo Delfino